Donazioni ad associazioni no profit: cosa c’è da sapere

Quando si parla di associazioni no profit, si intendono tutte quelle organizzazioni che operano senza scopo di lucro in attività benefiche. Questi enti lavorano quindi per fare del bene al prossimo e non per profitto e, proprio per questo motivo, reinvestono tutti i loro fondi nei progetti che portano avanti.

Si tratta generalmente di organizzazioni di natura privata, formalmente costituite e che poggiano su un’importante base volontaria, cioè ricorrono a volontari o professionisti che scelgono di dare il loro contributo gratuitamente.

Va da sé che, per poter lavorare a pieno regime e raggiungere gli obiettivi prefissati, necessitano di aiuti esterni sotto forma di finanziamenti da parte di aziende e sovvenzioni governative. Anche i privati possono contribuire tramite donazioni ad associazioni no profit su base volontaria e autonoma, per supportare in prima persona missioni e progetti di utilità sociale.

Quali enti fanno parte delle associazioni no profit

Esistono diversi tipi di associazioni non profit a cui è possibile inviare donazioni. Le più comuni e conosciute sono le organizzazioni non governative, quelle di volontariato e le Onlus.

Fanno parte della categoria anche le associazioni culturali, di promozione sociale e sportive dilettantistiche, oltre alle cooperative sociali, le fondazioni, i comitati, le imprese sociali e le trust cooperative sociali. Tutte queste realtà sono regolate dal Codice Civile e, con l’entrata in vigore del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, devono essere registrate al RUNTS e interfacciarsi con la Pubblica Amministrazione (Primo Settore) e con le imprese private sul mercato (Secondo Settore).

Le associazioni no profit sono generalmente composte da membri o soci che condividono interessi o obiettivi comuni e sono gestite da un consiglio di amministrazione (o da un gruppo di fondatori). Per essere in regola, devono operare in totale trasparenza: ogni operazione finanziaria deve infatti essere tracciata, rendicontata e disponibile per la visione da parte non solo delle autorità e dei membri, ma anche dei donatori che le supportano.

Come contribuire

Chi vuole fare donazioni ad associazioni no profit per sostenere cause benefiche ha differenti possibilità tra cui scegliere. Il metodo più semplice è quello della donazione singola: non solo permette di scegliere liberamente l’importo da inviare, ma garantisce anche di inviare un aiuto concreto e immediato che andrà subito a buon fine.

Un’altra opzione è la donazione regolare, che può essere mensile oppure annuale: prevede l’invio di una somma fissa che in automatico, a seconda della tempistica desiderata, viene prelevata dal conto e destinata all’ente no profit indicato, assicurando così un sostegno costante nel tempo, permettendo a queste realtà di pianificare interventi a medio e lungo termine.

Un tipo di donazione che non richiede esborsi diretti è il 5×1000, attraverso cui lo Stato destina una parte dell’IRPEF (l’imposta sul reddito delle persone fisiche) a queste associazioni anziché trattenerla come richiede la legge.

Esistono poi altre forme di donazioni benefiche, come le raccolte fondi, l’acquisto di regali solidali (in cui una parte del costo di un prodotto fisico viene devoluta a una causa specifica), o le donazioni in memoria di una persona scomparsa. Infine, chi desidera contribuire dopo la propria scomparsa può optare per il lascito testamentario, un atto nel testamento con cui si destina una parte del proprio patrimonio a scopi benefici.

Benefici fiscali

Le donazioni ad associazioni no profit possono essere scaricate, generando un importante vantaggio dal punto di vista fiscale. Ogni donazione per cause benefiche può infatti essere detratta o dedotta dal reddito durante la dichiarazione dei redditi.

Nel primo caso, si può ridurre l’importo dell’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche di un valore pari al 30% del totale delle donazioni, sia in denaro che in natura, per un totale di 30.000 euro l’anno.

Nel secondo caso, si può dedurre fino a un massimo del 10% del reddito complessivo.